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LA VIA CINESE ALLA PACE IN MEDIORIENTE

In Medio Oriente evidentemente c'era bisogno di una (nuova) potenza egemone, la Cina, col suo ruolo nel processo di normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Iran, per rimettere a posto i tasselli di pace nella regione. Il primo maggio, ad Amman, in Giordania, si sono riuniti i ministri degli Esteri di Giordania, Arabia Saudita, Egitto, Iraq e Siria con l'obiettivo di stabilire un percorso che porti alla soluzione politica della crisi siriana, la quale si protrae ormai dal 2011 e che ha visto una guerra civile divenuta una guerra internazionale per procura. Nella dichiarazione finale della riunione tenuta ad Amman dai ministri degli Esteri di Giordania, Arabia Saudita, Egitto, Iraq e Siria, viene scritto: "I ministri degli esteri di Giordania, Arabia Saudita, Iraq ed Egitto hanno sottolineato la priorità di porre fine alla crisi e a tutte le morti e le distruzioni che ha causato, e di porre fine alle sofferenze del popolo siriano e alle ripercussioni negative regionali e internazionali della crisi, attraverso una soluzione politica che preservi l'unità, la coesione e la sovranità della Siria, soddisfa le aspirazioni del suo popolo e contribuisce alla promozione di condizioni favorevoli al ritorno volontario e sicuro dei rifugiati, alla partenza di tutte le forze straniere illegali dalla Siria, alla realizzazione degli interessi nazionali e al ripristino della sicurezza, della stabilità e del ruolo della Siria". Quindi, vengono nuovamente riconosciuti sia la sovranità territoriale siriana che il suo governo. Sempre in quella riunione dei ministri degli Esteri si è deciso "di sostenere la Siria e le sue istituzioni in qualsiasi sforzo legittimo per estendere il controllo sul loro territorio e imporre lo stato di diritto, porre fine alla presenza di gruppi armati e terroristici in territorio siriano e fermare gli interventi stranieri negli affari interni della Siria, in conformità con il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite". | ministri degli Esteri dei Paesi partecipanti alla riunione hanno, dunque, espresso un'ulteriore denuncia di ingerenze esterne nelle vicende politiche siriane ma hanno, anche, espresso sostegno e solidarietà al popolo e al governo siriano nell'affrontare la crisi seguita al devastante terremoto che ha colpito sia la Siria che la Turchia. Con riferimento ai rifugiati di guerra, i ministri dei Paesi in riunione "hanno convenuto di rafforzare la cooperazione tra il governo siriano e i paesi che ospitano i rifugiati e di coordinarsi con gli organismi competenti delle Nazioni Unite per organizzare il ritorno volontario e sicuro dei rifugiati e porre fine alle loro sofferenze, secondo procedure specifiche e un calendario chiaro". In più, i Paesi coinvolti nel percorso di stabilizzazione politica si sono impegnati, con il coinvolgimento della comunità internazionale e delle Nazioni Unite, a attuare progetti di ripresa rapida - anche lì dove saranno rimpatriati i rifugiati - con la "costruzione di scuole, ospedali, strutture pubbliche e opportunità di lavoro". Definiti e ribaditi gli obiettivi di questo processo di normalizzazione siriana: "Realizzare la riconciliazione nazionale, consentire alla Siria di intraprendere la ricostruzione verso un futuro sicuro che soddisfi le aspirazioni del popolo siriano e il suo diritto a vivere in pace nel proprio paese e ripristinare il ruolo storico della Siria nella regione". Queste importanti decisioni sono l'effetto dello storico accordo tra le due potenze regionali del Medioriente, Iran e Arabia Saudita, raggiunto con la mediazione cinese. Ma a cosa sta puntando la diplomazia cinese nel ridisegnare lo scacchiere politico dell'area mediorientale? A ridisegnare un nuovo ordine mediorientale che passi per Pechino?




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