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IN MEDIORIENTE IL FUOCO COVA SOTTO LA CENERE

L'attacco iraniano ad Israele ha messo in luce non tanto la risaputa potenza militare dello Stato ebraico quanto la spaccatura politica in atto nel mondo arabo, rendendo drammaticamente instabile tutta l'area mediorientale. Tecnologia e informazioni strategiche in appoggio alla difesa israeliana sono arrivati, infatti, oltre che dagli Usa, dalla Gran Bretagna e dalla Francia, anche dalla Giordania, dagli Emirati Arabi Uniti e dall'Arabia Saudita, tre Paesi posti sulle linee di fuoco verso Israele dall'Iran ma anche dallo Yemen. Tre paesi - Giordania, EAU, Arabia Saudita - di religione sunnita a differenza dell'Iran che è una teocrazia sunnita, a dimostrazione di quanto le fondamenta religiose - sciiti contro sunniti - possano avere il loro peso, non marginale, nelle scelte di politica estera. Nel complesso, la vera forza di Israele è data dalla ragnatela costruita nel tempo con Stati arabi moderati, già gravitanti in orbita americana, che hanno scelto il duplice riconoscimento - politico e diplomatico - con lo Stato ebraico proprio in funzione della difesa da mire egemoniche o destabilizzanti dell'Iran e dei suoi alleati. Sulla scena, oltre ai principali contendenti, restano vigili gli Usa che sono il vero protettore e il primo finanziatore in armi di Israele mentre Russia e Cina, per motivi uguali e diversi, si tengono in disparte, molto attenti a non rompere con Israele ma anche a non abbandonare l'Iran. Indicare cosa ci riserverà il (prossimo) futuro in Medioriente è compito estremamente arduo. Israele in questo momento si sta muovendo su due fronti, interno ed esterno, sotto la spinta del governo sionista e reazionario di Netanyahu: ha tutto l'interesse a cancellare Hamas, inglobando e cancellando dalla cartina geografica la Striscia di Gaza e i resti del sedicente stato di Palestina ormai arroccato in Cisgiordania e poi a chiudere la partita principalmente con Hezbollah in Libano, prossimo probabile obiettivo dell'esercito per tentare di tagliare i tentacoli iraniani al confine con proprio territorio. L'Iran è irrimediabilmente impegnato ad incitare, organizzare, supportare tutte le battaglie teocratiche, politiche e militari volte all'annientamento dello Stato di Israele. L'Onu - succube del veto Usa e della plurisettantennale violazione da parte israeliana delle risoluzioni emesse sulla questione palestinese - appare sempre più impotente a decidere l'unica mossa sensata da tentare: caschi blu di interposizione a Gaza e in Cisgiordania e conferenza di pace con tutti gli attori dello scacchiere mediorientale per ridisegnare equilibri e rapporti politici e diplomatici finalizzati a stabilizzare la regione. Russia e Cina non vanno oltre dichiarazioni formali, l'Unione Europea ripete stancamente e senza convinzione vuoti messaggi di sostegno ad Israele a prescindere dalle reali situazioni in essere sul terreno senza neanche prendere unitariamente in considerazione l'ipotesi di riconoscimento ere in maniera compatta lo Stato di Palestina. Troppi interessi politici, ma anche militari e finanziari, consentono ad Israele di tenere in pugno l'Europa e di condizionare gli Usa nella gestione della crisi mediorientale. Stando così le cose il mondo sta entrando in un vicolo cieco che conduce inevitabilmente allo scontro finale tra Israele e Iran con la drammatica opzione dell'arma atomica. Fino a che punto gli Usa riusciranno a farsi ascoltare da Israele? E se il prossimo capo di Stato americano sarà Trump e non Bush come si muoverà Netanyahu? Come si riposizionerà Khamenei?




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