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SULLE PENSIONI LA DESTRA APRÌ LA STRADA ALLA FORNERO
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- Di Comintern
- Lunedì, 25 Gennaio 2021 15:21
Le nuove norme varate dal governo Berlusconi nel 2010 aprirono la strada alla (contro)riforma pensionistica completata dal governo Monti nel 2011. L'allora ministro Sacconi emise due provvedimenti legislativi sotto ii nome di "Riforma delle pensioni Sacconi" che anticiparono quello conosciuto come "Riforma delle pensioni Fornero" del 2011, oggi contestato proprio da chi, Salvini e Meloni, sosteneva il governo Berlusconi come Lega Nord e come Pdl, e votò la legge. Milioni di lavoratori dipendenti ed autonomi, furono costretti a dover attendere fino a cinque anni in più per poter andare in pensione di anzianità e in pensione di vecchiaia e le lavoratrici dipendenti pubbliche subirono l'allungamento, senza gradualità, di cinque anni dell’età di pensionamento di vecchiaia per equipararle a chi fu posto in uscita a 65 anni. Per la prima volta si intervenne sull'innalzamento dell’età di vecchiaia per portarla, entro il 2050, a 69 anni e 4 mesi per gli uomini. Già dal 2015 si sono visti i primi effetti: la pensione di vecchiaia che eravamo abituati a considerare alla soglia dei 65 anni si è spostata, per effetto di quelle norme, a 66 anni e tre mesi. Ma la parte più importante della controriforma fu quella del "regolamento" Sacconi-Tremonti, con cui si annullò il sistema delle quote allora in vigore e si passò ad un sistema che avrebbe innalzato gradualmente l’età anagrafica di pensionamento di vecchiaia e di anzianità in base ai calcoli dell'Istat sull'allungamento medio della speranza di vita. In base a questo nuovo meccanismo dal 1 gennaio del 2016 l'elevazione dell’età avviene con cadenza triennale, con uno "scatto" di tre mesi alla volta. La legge Fornero completò l'opera allungando gradualmente entro il 2018 l’età di pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti private da 60 anni a 65 anni. Solo i comunisti si opposero alla controriforma pensionistica dei governi Berlusconi e Monti chiedendo due referendum abrogativi nel 2013, dichiarati inammissibili dalla Corte di Cassazione poiché il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva sciolto le Camere prima che le firme venissero presentate. Per non dimenticare.