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L’INFLAZIONE PUÒ AIUTARE LA CRESCITA PER SVILUPPARE IL PIL ITALIANO

Ad agosto l’inflazione ha registrato in Italia un aumento dello 0,5% su base mensile e del 2,1% su base annua (da +1,9% del mese precedente) portandosi a un livello che non si registrava da gennaio 2013 quando fu +2,2%. Lo afferma l’Istat che diffonde oggi la stima preliminare per l’andamento dei prezzi al consumo. Continua a salire l’inflazione anche nella zona euro dove, secondo la stima di Eurostat, il tasso è salito al 3% ad agosto, in aumento dal 2,2% di luglio. Dovunque la spinta è stata impressa per lo più dai prezzi dei beni energetici che continuano a registrare una crescita molto ampia con forti ripercussioni sulla spesa delle famiglie.  In Italia continua la crescita del Pil, dato fondamentale nella politica economica di un Paese in quanto valore  determinante su cui agire sia per rientrare dal debito pubblico che per ridurne il rapporto col debito  pubblico. Per incrementare il Pil e per ridurre il rapporto debito/Pil, fermo restando lo sforamento dei parametri europei sul debito pubblico, bisogna cambiare radicalmente politica economica. E per  percorrere questa via il governo deve puntare su massicci investimenti pubblici ed orientare quelli privati, aumentare la spesa pubblica con un deciso incremento delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, settore nel quale siamo molto indietro rispetto ai principali partner di riferimento, rilanciare lo sviluppo produttivo, spingere per aumenti salariali e per l’incremento delle esportazioni, favorire nel contempo un aumento, regolato, dell'inflazione  che rimetta in moto la ripresa dei consumi. Un’inflazione vicina al 2%, come la stessa BCE suggerisce da tempo, è utile ai  Paesi con elevati stock di debito, come l’Italia, proprio ai fini dell’incremento del Pil, al contrario della deflazione. Un'inflazione troppo bassa o una deflazione vera e propria, infatti,  hanno un effetto negativo perché se lo stock di debito pubblico accumulato da finanziare con nuove emissioni di titoli obbligazionari è solitamente a prezzi costanti, e resta quindi invariato nel tempo, il Pil cala a prezzi correnti in quanto composto da valori che vengono aggiornati, in questo caso negativamente, con l’inflazione. Stando così le cose, la crescita del Pil, composto appunto da valori che vengono aggiornati con l’inflazione, dovrà invece essere (moderatamente) inflazionata e sospinta, quindi, da un aumento del salario medio per favorire il riequilibrio degli indici di debito (Debito/Pil) che tenderanno a scendere. In questo possente obiettivo può essere di aiuto al governo lo stanziamento delle somme previste dal «Recovery Fund» in aggiunta, però, ad un'azione incisiva su reddito e consumi delle famiglie italiane con investimenti pubblici che siano di traino a quelli privati al fine di rilanciare lo sviluppo produttivo e incrementare il Pil. Bisogna tenere presente che lo sviluppo produttivo dipende dalla domanda che a sua volta dipende dal reddito, che è uguale alla produzione e generare un effetto moltiplicatore: l'incremento della domanda fa aumentare la produzione; l'aumento della produzione porta a un aumento del reddito dello stesso ammontare, dato che domanda e produzione sono identicamente uguali; la crescita del reddito aumenta ulteriormente il consumo che a sua volta genera un aumento della domanda e così via.  Se persiste un clima di forte incertezza c'è il rischio di compromettere l’efficacia degli eventuali stimoli alla domanda e quindi comprimere ulteriormente il Pil, le cui variabili principali  sono, appunto, i consumi in quanto parte più importante degli impieghi e gli investimenti perché rappresentano il potenziale produttivo del Paese.

 




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