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CHI BENEFICIA IN ITALIA DELL’INCREMENTO DEL PIL?

Il governo nella recente NADEF ha indicato nel 6% la crescita del Pil per l’anno 2021, altre stime parlano di un incremento pari al 5,7%. L’Istituto di statistica nazionale (Istat) conferma la crescita sostenuta del Pil italiano con aumenti del 2,7% su base congiunturale – vale a dire del secondo trimestre rispetto al precedente – e del 17,3% su base tendenziale, ossia rispetto al secondo trimestre del 2020 (in pieno lockdown). Il dato relativo al Pil è fondamentale nella politica economica di un Paese in quanto valore  determinante su cui agire sia per rientrare dal debito pubblico che per ridurne il rapporto col debito  pubblico: il dato a luglio è pari a 2.726 miliardi di euro e la stima per dicembre è compresa in un range tra 2.726-2.750 miliardi di euro. Due le strade da poter percorre per agire sul Pil, alternative tra di loro: (1) ripagare il  debito per diminuirlo nei confronti del Pil oppure (2) incrementare il Pil per ridurre il rapporto debito/Pil. Nell’ottica delle indicazioni ricevute dalla Commissione europea che vincola l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund agli investimenti pubblici, il governo ha chiaramente imboccato la seconda strada. Ma per la migliore e più completa azione di sviluppo economico e di incremento del Pil, appare ineludibile la definizione di una nuova politica economica che punti, tra l’altro, ad aumentare la spesa pubblica con un deciso incremento delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, settore nel quale il Paese è molto indietro rispetto ai principali partner di riferimento, a rilanciare lo sviluppo produttivo, a spingere per aumenti salariali e per l’incremento delle esportazioni, gestendo al meglio l’aumento del tasso di inflazione – auspicato al 2% dalla stessa BCE – che metta in moto la ripresa dei consumi. Un’inflazione vicino al 2% è positiva per i paesi con elevati stock di debito, quindi per l’Italia, a differenza della deflazione: quest’ultima è molto pericolosa in quanto lo stock di debito pubblico accumulato, e da finanziare con nuove emissioni di titoli obbligazionari, è solitamente a prezzi costanti e resta quindi invariato nel tempo mentre il calo del Pil avviene a prezzi correnti, in quanto composto da valori che vengono aggiornati, in questo caso negativamente, con l’inflazione.  Per converso, la crescita del Pil, composto da valori che vengono aggiornati con l’inflazione, dovrà invece essere (moderatamente) inflazionata, sospinta da un aumento del salario medio per favorire il riequilibrio degli indici di debito (Debito/Pil) che tenderanno a scendere. In questo possente obiettivo può essere di aiuto al governo lo stanziamento delle somme incluse nel PNRR in aggiunta, però, ad un'azione altrettanto possente che incida su reddito e consumi delle famiglie italiane con investimenti pubblici che siano di traino a quelli privati al fine di rilanciare lo sviluppo produttivo e incrementare il Pil. Lo sviluppo produttivo dipende dalla domanda che a sua volta dipende dal reddito, che è uguale alla produzione. Un effetto moltiplicatore: l'incremento della domanda fa aumentare la produzione; l'aumento della produzione porta a un aumento del reddito dello stesso ammontare, dato che domanda e produzione sono identicamente uguali; la crescita del reddito aumenta ulteriormente il consumo che a sua volta genera un aumento della domanda e così via. Ma l’impianto appena descritto non può dipanare tutti i suoi effetti benefici a livello nazionale se l’azione del governo non punta anche ad incrementare maggiormente il Pil pro-capite nelle aree più arretrate del Paese. Come è ripartito in Italia il pil pro-capite? A maggio 2021, con 36,8mila euro nel 2021 (36,5mila nel 2020) il Nord-Ovest resta l’area geografica con il Pil per abitante più elevato; seguono il Nord-Est, con 35,5mila euro (35,1mila euro nel 2020) e il Centro, con 32,1mila euro (31,7mila euro nel 2020); il Mezzogiorno, con 19,2mila euro (poco più della metà di quello del Nord-ovest), supera lievemente il livello del 2020 (19mila euro). La graduatoria regionale vede in testa la Provincia Autonoma di Bolzano con un Pil per abitante di 48,1mila euro, seguita da Lombardia (39,7mila euro) e Valle d’Aosta (38,8mila euro). Con 34,2mila euro, il Lazio risulta la prima regione del Centro in termini di Pil per abitante e nel Mezzogiorno la prima regione è l’Abruzzo con 25,1mila euro, mentre l’ultimo posto della graduatoria è occupato dalla Calabria, con17,3mila euro. Nel 2021 in Italia la spesa per consumi finali delle famiglie per abitante, valutata a prezzi correnti, è stata di 18,1mila euro: i valori più elevati di spesa pro capite si registrano nel Nord-ovest (20,8mila

euro) e nel Nord-est (20,6mila euro) mentre il Mezzogiorno si conferma l’area in cui il livello di spesa è più basso (13,9mila euro). Appare evidente, da un lato, che è il Mezzogiorno ad avere più bisogno di incrementare i livelli di Pil per abitante ma, dall’altro, che il PNRR privilegia il Nord del Paese un quanto ad investimenti pubblici derivanti dal Recovery Fund: 62% al Nord, 38% al Mezzogiorno. Visto, pertanto, l’andamento della crescita del Pil nazionale, considerando le attuali notevoli differenze tra regioni ricche del Nord e regioni povere del Mezzogiorno, valutando l’allocazione dei fondi europei di fatto a beneficio del Nord, c'è il rischio di compromettere l’incremento della ricchezza e del benessere per i cittadini del Mezzogiorno e di tenere questa realtà “a rimorchio” dello sviluppo economico e della produzione di ricchezza delle aree già più ricche del Paese.




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