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IL KURDISTAN: UNO STATO FANTASMA, UN POPOLO DISPERSO

Per Kurdistan si intende un'area vasta circa 450.000kmq, abitata dalla popolazione di etnia curda, ma divisa tra Turchia, Iraq, Siria ed Iran. La maggior parte del Kurdistan è situata all'interno dei confini turchi per un'area di circa 230.000kmq (30% del territorio turco). È un territorio strategicamente rilevante per la ricchezza di petrolio e le risorse idriche, ma si trova in una situazione di sottosviluppo a causa dell'assenza di un'unità politico-amministrativa. Il 75% del petrolio iracheno proviene dal Kurdistan, gli unici giacimenti della Turchia ed i più importanti della Siria si trovano in Kurdistan, anche nella zona di Kermanshah, territorio iraniano ma abitato da curdi, si produce petrolio. È il passaggio obbligato di alcune importanti vie di comunicazione, ad esempio tra le repubbliche centroasiatiche, l'Iran e la Turchia e si trova nel cuore di uno dei punti più caldi della politica mondiale. La posizione geopolitica dell'area ha condizionato molto le vicissitudini del popolo curdo, impedendone l'unità politica. Il popolo curdo discende dagli antichi medi, una popolazione di origine indo-iraniana, che dall'Asia Centrale si diresse, intorno al 614 a.C., verso i monti dell'Iran. Le forti limitazioni, imposte dall’impero ottomano all’inizio del XIX, ai privilegi ed all’autonomia degli stati curdi provocarono numerose rivolte che avevano come obiettivo l’unificazione del popolo curdo e la sua autonomia. Quando si affacciarono nel Kurdistan le potenze europee, l’area fu strumentalizzata secondo gli interessi della Gran Bretagna, della Francia, della Germania e della Russia zarista pronte ad indebolire l’impero ottomano. Con la prima Guerra Mondiale, che decretò la fine dei grandi imperi, sembrava possibile la nascita di uno stato curdo. Il trattato do Sévres, firmato il 10 agosto 1920, prevedeva che nell'Anatolia orientale sarebbero stati creati un Kurdistan autonomo, oltre che uno Stato indipendente di Armenia. Questa volta fu l'ostracismo della nascente Repubblica turca, ad impedire la formazione di uno stato curdo autonomo. Il trattato di Losanna, firmato nel 1923 da Gran Bretagna, Francia, Italia, Giappone, Grecia, Romania cancellò il trattato di Sèvres. Fu allora che i territori abitati dalla popolazione di etnia curda vennero spartiti tra Turchia, Siria, Iran ed Iraq. Così, dal 1921 al 1925, 25 milioni di curdi furono dispersi in 5 nazioni trasformandosi in 5 minoranze. Gli anni successivi sono dunque indelebilmente segnati da questa originaria divisione. Il fatto che i curdi siano stati trasformati in 5 diverse minoranze rende inevitabilmente complessa una trattazione univoca della questione e per riuscire a dare un quadro quanto più esaustivo possibile diviene quasi forzato presentare i diversi indipendentismi curdi a seconda dello stato sovrano contro il quale combattono per la propria autonomia; quasi palesandone la disgregazione.

I Curdi in Iraq

In Iraq il movimento autonomista curdo si è organizzato nel Partito Democratico del Kurdistan (KDP) ed ha portato avanti dal 1961 la sua lotta contro il regime di Saddam Hussein, che contro i villaggi kurdi situati nell’area settentrionale dell'Iraq ha adottato tecniche di repressione brutali utilizzando addirittura armi chimiche, causando 100mila morti e 2 milioni e mezzo di profughi. In seguito alla guerra del Golfo del 1990 e con l’imposizione della "No Fly Zone" sul nord dell'Iraq, la situazione è migliorata, sebbene non di molto. Dopo l’ultima guerra contro l’Iraq e il varo della nuova Costituzione nell’ottobre del 2005, secondo alcuni preludio alla creazione di un paese democratico, secondo altri molto meno, sembra che sia possibile una maggiore autonomia dell’etnia curda in Iraq, questione che peraltro preoccupa molto Ankara. I curdi in Irak hanno una lunga storia di opposizione al governo di Saddam Hussein. Dal 1961 al 1975 la scena è dominata dal Partito Democratico del Kurdistan (PDK) guidato da Mustafa Barzani, un capo tribale morto nel 1979 ed a cui è succeduto il figlio Massoud. A Barzani si è da sempre opposta l’intellghentia di sinistra guidata da Jalal Talabani che nel 1975 ha fondato l’Unione Patriottica del Kurdistan (UPK). Il futuro dei Curdi Irakeni deve ancora essere scritto, dopo la fine del regime di Saddam.

 I Curdi in Iran

In Iran, i Curdi dell'Unione Patriottica del Kurdistan (UPK) combattono contro il regime di Teheran dal 1972, in una guerra che ha causato fino ad oggi circa 17mila morti. I curdi sono circa 6 milioni, musulmani in maggioranza sunniti. Il crollo del potere imperiale, con la rivoluzione Komeinista (1979), e la crisi che ne è seguita prima della stabilizzazione del regime islamico hanno spinto i curdi iraniani riuniti attorno PDKI (Partito democratico del Kurdistan Iraniano) ad una ribellione con l’intento di ottenere l’autonomia (non l’indipendenza). Come è ovvio il potere sciita ha rifiutato ogni richiesta in tal senso ed ha dato il via ad una dura repressione. Questa guerra Ha cusato in due anni circa 10.000 morti. In seguito il leader del PDKI, Ghassemlou, si avvicinò a Saddam Hussein che allora era il baluardo dell’occidente contro l’Iran fondamentalista, il quale finanziò la guerriglia curda, strumentalizzando a suo fare la lotta curda, dal momento che l’Iran fu costretto a mantenere un forte contingente di truppe nel nord del paese distogliendole dalla guerra con l’Irak. L’obiettivo dei dirigenti curdi iraniani è convincere i paesi europei a far pressioni sul potere iraniano affinchè ponga fine allo stato d’assedio (che vede la presenza di 150.000 militari) che soffoca il Kurdistan iraniano. E molto probabile, ed auspicato da molti, che una stabilizzazione della situazione in Iraq possa portare anche ad un miglioramento delle condizioni curde in Iran ed in Turchia, il paese nel quale è più grande la minoranza curda e nel quale la lotta tra esercito e militanti delle diverse fazioni curde è più duratura e cruenta.

 I curdi in Turchia

Con la vittoria in Turchia, nel 1923 di Atatürk, si affermò il principio dell'unitarietà di uno stato turco laicizzato; un'ideologia statale di tal genere non ha fatto che rendere una dicotomia inconciliabile l'esistenza di un'etnia curda nello stato turco, alimentando, quindi, un rapporto tutt'altro che pacifico. Quando nel 1946 la Turchia decise di percorrere il cammino democratico, si allentò nel paese la repressione militare e nel Kurdistan sorsero per la priva volta scuole e ospedali ed i grandi proprietari kurdi vennero richiamati in patria ed ottennero nuovamente i propri beni. Ma con il colpo di stato del 1960 la giunta golpista turca decise di “chiudere circa 500 curdi in campo di concentramento, esiliarne alcune decine, escludere da ogni amnistia i detenuti curdi, turchizzare tutti i nomi delle località curde”. La nuova Costituzione del ’61 riconosceva ai cittadini le libertà fondamentali, ma considerava un valore assoluto e prioritario l’integrità dello stato, norma che sarà sempre interpretata in maniera estensiva sottraendo al popolo curdo la propria indipendenza. Nella seconda metà degli anni ’60 il movimento nazionalista curdo si organizzò in partiti rivoluzionari, come il Partito Socialista del Kurdistan ed il Partito Democratico del Kurdistan, che si battevano per la democrazia in Turchia e l’auto-determinazione per il popolo curdo. Nel 1971, con il secondo intervento militare, venne istituita la legge marziale in alcune province curde e vennero arrestati e detenuti in condizioni orribili e sottoposti a torture e violenze s migliaia di cittadini, uomini donne e bambini. Negli anni ’80 continuarono gli arresti sistematici e le torture nei confronti della popolazione curda rea di essere tale e di chiedere la propria auto-determinazione.
Gli assunti di base della politica turca nei confronti dei curdi sono i seguenti: non esistono minoranze nazionali in Turchia e comunque i curdi non sono tali; il principio kemalista dell’integrità dello Stato, della Repubblica e del popolo turco è un fondamento incancellabile dalla Costituzione; le forze di sicurezza devono godere della totale impunità per i loro comportamenti nella regione curda, sottoposta allo stato di emergenza, dove sono gestite dal Consiglio di Sicurezza Nazionale, senza alcuna ingerenza parlamentare. Il movimento di ribellione curdo in Turchia si è sviluppato in due direzioni. L'ala nazionalista, rappresentata dal Partito democratico del Kurdistan, chiedeva l'autonomia, mentre l'ala più estremista, di ispirazione socialista, rivendicava l'indipendenza. Negli anni settanta nasce e si struttura il PKK, il Partito dei Lavoratori Curdi, il cui scopo principale è il riconoscimento della lingua e dei diritti dei curdi. Il suo fondatore e leader è stato Abdullah Öcalan, detto Apo, che in curdo significa zio. Il programma del partito fu delineato durante il congresso di fondazione dello stesso, il 27 novembre del 1978. Il suo progetto rivoluzionario prevedeva una prima fase di rivoluzione nazionale, ovvero la creazione di una repubblica marxista curda in territorio turco per arrivare poi all'unificazione dell'intero Kurdistan , ed una seconda fase, di rivoluzione democratica, che prevedeva l'instaurazione di una dittatura del proletariato per eliminare lo sfruttamento latifondista, la struttura sociale basata sui clan e la condizione di inferiorità della donna. Ma la Costituzione turca del 1982vietava l'uso della lingua curda e criminalizzava ogni espressione che affermasse un'identità curda. Da quel momento il PKK ha iniziato la sua lotta armata contro il potere centrale, creando un malessere crescente anche all'interno della stessa popolazione curda e dando l'occasione al governo di bollare la questione curda come un problema di terrorismo. Il governo turco non ha mai accettato di considerare il PKK come un movimento popolare, ma semplicemente come un'organizzazione terroristica che opera con intimidazioni, coercizione e violenza, ed ha sempre cercato di risolvere il problema curdo dal punto di vista socio-economico evitando la questione etnico-nazionale. Le violenze, però continuarono ad oltranza, l'Esercito di liberazione del Kurdistan, emanazione del PKK proseguiva sulla strada degli attentanti ed il governo turco proseguiva sulla strada della condanna e dell’ostracismo. Sebbene molte organizzazioni internazionali ammonivano pubblicamente il governo turco, auspicando una soluzione pacifica della lotta per l’autodeterminazione dei curdi, la vicenda di questo popolo ha assunto un carattere internazionale solo quando, nel 1998, il leader del Pkk Ocalan, che dalla Siria guidava le campagne armate sin dal 1984, fu costretto a fuggire prima a Mosca ed in seguito a Roma. Abdullah Ocalan è stato poi catturato, venduto da funzionari kenioti alla Turchia, il 15 febbraio 1999 in Kenya e condannato a morte. Il conflitto tra le forze governative turche ed il Pkk è di fatto terminato al momento della cattura di Ocalan, ma ancora oggi la questione curda appare irrisolta e la repressione dei curdi nel sud-est del paese continua. Perquisizioni forzate, distruzione di villaggi, arresti ingiustificati, torture e pene capitali sono il “modo turco di risolvere il problema”. I metodi utilizzati dal governo turco nei confronti dei curdi non possono essere considerati quelli di un paese democratico e fino a quando i diritti fondamentali e le libertà personali, non saranno riconosciuti nei fatti, non solo nominalmente, la Turchia, nonostante i continui sforzi che non sarebbe giusto negare, non potrà mai essere annoverata nella schiera dei paesi democratici.

 




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