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IL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ E LA SUA RIFORMA
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- Di Comintern
- Domenica, 13 Dicembre 2020 17:46
Il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità – ESM, European Stability Mechanism – è stato istituito mediante un trattato intergovernativo, al di fuori del quadro giuridico della UE, nel 2012 con la funzione fondamentale di concedere, a precise condizioni, assistenza finanziaria ai paesi membri che, pur avendo un debito pubblico sostenibile, trovino temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato. La "condizionalità" varia a seconda della natura dello strumento utilizzato: nel caso di prestiti assume la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico, definito in un apposito memorandum; nel caso di linee di credito precauzionali, destinate a paesi in condizioni economiche e finanziarie fondamentalmente sane ma colpiti da shock avversi, è meno stringente. Il MES è guidato da un "Consiglio dei Governatori" composto dai 19 Ministri delle finanze dell'area dell'euro. Il Consiglio assume all'unanimità tutte le principali decisioni (incluse quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria e all'approvazione dei protocolli d'intesa con i paesi che la ricevono). Il MES può operare a maggioranza qualificata dell'85% del capitale qualora, in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dell'area dell'euro, la Commissione europea e la BCE richiedano l'assunzione di decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria. Il MES ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi di euro, di cui 80,5 miliardi di euro sono stati versati; la sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi di euro. L'Italia ha sottoscritto il capitale del MES per 125,3 miliardi di euro, versando oltre 14 miliardi di euro. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15% e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza. La proposta di riforma del Trattato istitutivo del MES interviene sulle condizioni necessarie per la concessione di assistenza finanziaria e sui compiti svolti dal MES in tale ambito, introducendo modifiche di portata complessivamente limitata; la riforma non prevede né annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani, non affida al MES compiti di sorveglianza macroeconomica. La riforma, inoltre, attribuirebbe al MES una nuova funzione, quella di fornire una rete di sicurezza finanziaria (common backstop) al Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund, SRF) nell'ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie. Il MES non è un organismo inutile e, certo, non danneggia l'Italia ma serve tanto quanto a ciascun altro paese dell'area dell'euro. Il MES attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un paese dell'area dell'euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto gravi ripercussioni anche sul nostro paese come è accaduto, ad esempio, a partire dal 2010 con la crisi della Grecia. La presenza del MES riduce la probabilità di un default sovrano, almeno per i paesi le cui difficoltà sono temporanee e possono essere risolte con prestiti o linee di credito. La riforma consente al MES di fungere da backstop del Fondo di risoluzione unico e di contribuire anche a contenere i rischi di contagio connessi con eventuali crisi bancarie di rilievo sistemico. Per quanto riguarda specificamente l'Italia, il rifinanziamento dell'elevato debito pubblico del nostro paese può avvenire in maniera più ordinata e a costi più contenuti se le condizioni sui mercati finanziari restano distese. La riforma non prevede né annuncia un meccanismo automatico di ristrutturazione dei debiti sovrani. Come nel Trattato già oggi in vigore, non c'è scambio tra assistenza finanziaria e ristrutturazione del debito; la riforma chiarisce che le verifiche preliminari sulla sostenibilità del debito del paese che chiede assistenza non hanno alcun carattere di automaticità essendo condotte con un "margine di discrezionalità sufficiente" e ribadisce che il coinvolgimento del settore privato nella ristrutturazione del debito rimane strettamente circoscritto a casi eccezionali. È diffusa la voce che la riforma sia costruita in modo da facilitare l'accesso ai fondi di paesi che sono in regola con i conti pubblici, come la Germania, per affrontare una crisi delle proprie banche e da penalizzare, invece, l'accesso ai fondi dei paesi che non rispettano i parametri di Maastricht, come ad esempio l'Italia, se dovesse esserci una crisi del loro debito sovrano. Non è così, le condizioni per l'accesso ai finanziamenti del MES, sia per prestiti che per linee di credito precauzionali, rimarrebbero sostanzialmente inalterate anche a seguito della riforma. Per quanto riguarda i prestiti – che sono condizionati a un programma di aggiustamento macroeconomico – alla preliminare verifica della sostenibilità del debito, già prevista dal trattato in vigore, verrebbe affiancata quella della capacità di ripagare il prestito già utilizzata nella sorveglianza post-programma: si tratta di clausole a tutela delle risorse del MES, di cui l'Italia è il terzo principale finanziatore. Per quanto riguarda le linee di credito precauzionali la riforma conferma la differenza già esistente nel Trattato in vigore tra quella "semplice" (Precautionary Conditioned Credit Line, PCCL) e quella "a condizionalità rafforzata" (Enhanced Conditions Credit Line, ECCL): la PCCL è riservata ai paesi che rispettano le prescrizioni del Patto di stabilità e crescita, che non presentano squilibri macroeconomici eccessivi e che non hanno problemi di stabilità finanziaria; la ECCL è destinata ai paesi che non rispettano pienamente i suddetti criteri e ai quali pertanto vengono richieste misure correttive. La riforma precisa, rendendoli più stringenti, i criteri attualmente in vigore per l'accesso alla PCCL stabilendo, particolare, che di norma essa può essere utilizzata solo dai paesi non soggetti a procedure per disavanzo o per squilibri macroeconomici eccessivi e prevedendo benchmark quantitativi per le variabili di finanza pubblica. Per la concessione della PCCL non sarebbe più richiesta la firma di un ‘Memorandum of Understanding’ in quanto la linea di credito verrebbe concessa a fronte di una lettera di intenti del paese richiedente. La riforma del MES non aumenta, come pure si dice, la probabilità di un default sovrano perché ribadisce che la sua ristrutturazione, con il coinvolgimento del settore privato, rimanga strettamente circoscritta a casi eccezionali. È alla luce di questa confermata eccezionalità che va interpretata la modifica - che avverrebbe a partire dal 2022 - delle clausole di azione collettiva (CACs, collective action clauses). In base a tale modifica, se un paese decidesse di procedere alla ristrutturazione del proprio debito, sarebbe sufficiente un'unica deliberazione dei possessori dei titoli pubblici al fine di modificare i termini e le condizioni di tutte le obbligazioni (single limb CACs) anziché richiedere una doppia deliberazione, una per ciascuna emissione e una per l'insieme dei titoli. Lo scopo di questa modifica è di rendere più ordinata un'eventuale ristrutturazione del debito, riducendo i costi connessi con l'incertezza sulle modalità e sui tempi della sua realizzazione, che danneggiano sia il paese debitore sia i suoi creditori. Ma questi costi sono solo una piccola parte di quelli complessivi di un default, e la loro riduzione non è certo sufficiente a renderlo più probabile: il vero disincentivo al default sono le sue disastrose conseguenze economiche e sociali. Come già avvenuto nel 2013 quando furono introdotte le CACs attualmente in vigore, la modifica ora proposta, che non aumenta la probabilità di insolvenza ma riduce l'incertezza relativa al suo esito, potrebbe favorire un calo dei premi per il rischio che gravano sui titoli pubblici di tutti i paesi dell'area, inclusi quelli italiani. In ogni caso, la probabilità di un default dipende in primo luogo dalle politiche economiche messe in atto dai singoli paesi. Pur svolgendo compiti definibili tecnici, il MES è guidato da un «Consiglio dei Governatori» composto dai 19 Ministri delle finanze dell'area dell'euro ai quali spetta la decisione sulla concessione del supporto finanziario ai paesi che lo richiedono, di norma all'unanimità. La riforma non accresce i poteri del MES ma prevede un suo ruolo attivo nella gestione delle crisi e nel processo che conduce all'erogazione dell'assistenza finanziaria, così come nel successivo monitoraggio; coerentemente vengono indicati i compiti dell'Amministratore Delegato. Il MES affianca, non sostituisce la Commissione europea e le modalità di cooperazione tra le due istituzioni saranno definite in un accordo che verrà sottoscritto quando le modifiche al Trattato entreranno in vigore. L'attività del MES è vincolata al rispetto della legislazione dell'Unione europea e compiti di controllo sono affidati alla Commissione europea a cui, però, resta affidata la responsabilità esclusiva della valutazione complessiva della situazione economica dei paesi e della loro posizione rispetto alle regole del Patto di stabilità e crescita e della procedura per gli squilibri macroeconomici. È esclusa la possibilità che il MES serva allo scopo del coordinamento delle politiche economiche tra gli Stati membri per il quale il diritto dell'Unione europea prevede le disposizioni necessarie. Con la riforma l'Italia non dovrà versare al MES ulteriori fondi, in quanto il capitale resta invariato, così come le regole che ne governano l'eventuale versamento. Questo avverrà per tutti i Paesi solo in caso di intervento del Meccanismo in una crisi di condizioni di assoluta emergenza, nel caso cioè in cui il MES dovesse rischiare di trovarsi in default nei confronti dei suoi creditori, per cui è previsto – ma già oggi è in vigore - il versamento di ulteriore capitale entro sette giorni. In generale, la decisione di richiedere ulteriori versamenti di capitale spetta al Consiglio dei Governatori e segue le normali procedure di voto. Il Consiglio di amministrazione del MES può decidere a maggioranza semplice solo per versamenti volti a ripianare perdite che hanno ridotto il livello del capitale versato: la riforma non interviene su questi aspetti. Da sempre l'intervento della BCE sul mercato secondario dei titoli di Stato di un paese, mediante le cosiddette "operazioni monetarie definitive" (Outright Monetary Transactions, OMT) è condizione necessaria per prestare assistenza finanziaria del MES, nella forma di un prestito accompagnato da un programma di aggiustamento macroeconomico o di una ECCL. Per quanto riguarda, invece, la Commissione europea, lo strumento a sua disposizione era ed è il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (European Financial Stabilisaton Mechanism, EFSM), istituito nel 2010 con una capacità di prestito di 60 miliardi di euro e utilizzato tra l’altro, per fornire assistenza all'Irlanda e al Portogallo. Ma con la piena operatività del MES, l'EFSM resta oggi di fatto attivo solo per compiti specifici come l'allungamento delle scadenze dei prestiti in essere e la concessione di prestiti ponte.