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QUANDO LA CORTINA ERA DI FERRO

Gli avvenimenti che si stanno succedendo in Israele - ma, ancora prima, in Ucraina e ancora prima in Afghanistan, Iraq e Siria - mi stanno facendo riflettere su come sia cambiato il mondo, la sua geografia politica, economica e sociale da quando è caduto, mi verrebbe da dire purtroppo, quel maledetto/benedetto Muro di Berlino. Da quando, cioè, uomini e donne di tutto il mondo furono portati a pensare che si sarebbe andati incontro ad un'epoca finalmente di pace, ponendo fine alla guerra fredda e all'equilibrio del terrore che avevano contrapposto USA e URSS per quasi cinquant'anni. Invece, in breve tempo, tutti ci accorgemmo che l'equilibrio del terrore era stato sostituito dal terrore senza equilibrio. Fu gioco facile per gli USA, con una diplomazia esperta, con un esercito bene armato, con un servizio segreto efficientissimo, approfittare della spaventosa debolezza strutturale – economica, politica e militare – della Russia guidata da un inetto Eltsin, nonché dei sommovimenti tellurici del potere in una Cina alle prese con una durissima lotta tra riformatori e conservatori che durava fin dalla morte di Mao, per ampliare a dismisura la propria sfera di influenza nel mondo. Le politiche di allargamento della Nato in Europa, di controllo diretto e indiretto in Sudamerica, di penetrazione in Medioriente, sconvolsero il panorama politico internazionale nel decennio 1989-1999. All'alba del XXI secolo si affaccia prepotentemente sullo scacchiere politico mondiale Vladimir Putin che succede, inaspettatamente ma non tanto, ad uno Eltsin ormai malato in una Russia devastata da una profonda crisi economica. Sferzato autoritariamente, il Paese reagisce positivamente alle direttive politiche del nuovo governo e la ripresa economica non è più un miraggio ma diventa leva strategica per la rinascita a livello europeo e mondiale della Russia. Alla quale Putin, diventato abbastanza comodamente – vista la palude di inettitudine di burocrati spazzati via con un soffio di vento – uomo forte del Paese intende dare una collocazione tra i “grandi” del pianeta ripercorrendo, in versione riveduta e corretta, l’espansionismo “brezneviano” degli anni Settanta/Ottanta in contrapposizione con il progressivo allargamento dell’impero americano. E proprio all'alba del XXI secolo, quindi, vengono ridisegnati gli equilibri politici mondiali laddove alla contrapposizione tra imperialismo americano e socialimperialismo sovietico, impegnati per oltre quarant'anni nel consolidamento delle posizioni in Europa come da trattato di Jalta e nella conquista in Africa e in Asia di mercati vitali – sviluppati e difesi e anche manu militari da due blocchi contrapposti, Nato e Patto di Varsavia – si sovrappone e si sostituisce quella propriamente multipolare che punta a organizzare sfere di influenza al di fuori del vecchio Continente, associando e saldando Stati sovrani, soprattutto in Africa e in Asia, arrivando a controllarne direttamente o indirettamente i governi mediante leve e programmi di sviluppo economici e finanziari. In questa contesa di respiro mondiale, l’attore principale che emerge prepotentemente in contrapposizione agli Usa è, però, la Cina che spodesta a livello finanziario, quale antagonista nella corsa alla conquista del mondo, proprio la Russia, impegnata in conflitti armati con le repubbliche ex-sovietiche e in uno sforzo economico di vasta portata per rientrare da una spaventosa crisi economica successiva a dissennate liberalizzazioni di epoca eltsiniana. La Cina, infatti, sotto la guida di un gruppo dirigente revisionista che fa capo a Deng Xiaoping, acerrimo avversario di Mao Tse-tung nel Partito Comunista Cinese, dopo la morte del «Grande Timoniere» e dopo due anni di lotte intestine ai vertici del Partito, nel 1978 apre a riforme che introducono elementi di capitalismo e che trasformano – a partire dal 1992 ed in meno di dieci anni – l’economia del Paese, da un lato snaturandone la natura socialista e, dall’altro, sviluppandola rapidamente con aperture a massicci investimenti stranieri sotto forma di joint ventures con un controllo di maggioranza in mano allo Stato. Questo sviluppo economico e questo balzo verso il capitalismo moderno erano stati preparati e favoriti anche da repressioni di massa, una per tutte il massacro di piazza Tien An Men a Pechino nel 1989, con le quali il gruppo dirigente denghista nel mentre liberalizzava i meccanismi economici, inaspriva il controllo politico del Paese. In venti anni – dal 1989 al 2009 – il mondo ha assistito a profonde trasformazioni nella contrapposizione delle grandi potenze che hanno segnato il passaggio dal bipolarismo Usa-Urss all’unipolarismo Usa, al multipolarismo Usa-Cina-Russia. Grande assente sul palcoscenico mondiale è l’Europa che non riesce a sganciarsi dal protettorato Usa e dall’appartenenza ad un'organizzazione militare – la NATO – che potrebbe coinvolgerla, visti gli accadimenti militari in corso tra Ucraina e Russia, in un confronto armato dai risvolti imprevedibili e che non riesce a recuperare un ruolo di attore principale nel dirimere il conflitto in corso in un Medioriente sempre più incandescente.




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