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SALARIO MINIMO? SALARIO DEGNO PER UN LAVORO DEGNO

Il “salario minimo” – di cui periodicamente si torna a parlare in attesa di trovare tempi e modi giusti per metterlo al centro della discussione politica – può trasformarsi, se gestito da mani sbagliate, una pericolosa trappola sociale. Infatti, se per aziende che sono al di sotto della soglia che verrà definita vorrebbe dire aumentare di poco le retribuzioni fino a quella stabilita come minima – che comunque sarebbe al di sotto del salario dei principali contratti dell'industria, tipo quello dei metalmeccanici – per tante altre aziende vorrebbe dire rendere legale il “sottosalario” già pagato o addirittura forzare la riduzione fino, appunto, ad allinearlo al “salario minimo”. Quindi, non assisteremo ad una uguaglianza al rialzo delle retribuzioni dei lavoratori ma ad un livellamento al ribasso, ad una "generalizzazione" della miseria: la prestazione di mano d’opera dei lavoratori verrebbe, quindi, stabilita dal “salario minimo” che via via porterebbe ad unificare tutti i salari a questo livello minimo e costringerebbe la stragrande maggioranza dei lavoratori a svendere così la propria forza-lavoro al minimo del suo valore. Quindi, invece di garantire un salario contrattuale a chi viene sottopagato, si darà un salario minimo a chi prende ancora un salario contrattuale per cui il “minimo” diventerebbe il “massimo” come già sostenne Karl Marx verso la fine del 1879, allorquando la Federazione del Partito dei lavoratori socialisti in Francia cominciò a lavorare a un programma politico, ed egli insistette nel proporre l’eliminazione di “quella stupidaggine del salario minimo” spiegando proprio che un provvedimento del genere, qualora fosse stato adottato, avrebbe portato al risultato per cui, in base alle leggi economiche, il minimo garantito sarebbe diventato il massimo. Tra l’altro, il “salario minimo” potrebbe portare al definitivo affossamento dei contratti collettivi nazionali di lavoro e alla conseguente compressione della lotta, su scala nazionale, per aumenti salariali. Il “salario minimo” diventerebbe, in tal modo, un'arma per cristallizzare e rendere di fatto permanente la situazione di “sottosalariato” oggi diffusa dal momento che gli imprenditori, ad oggi, non vogliono riconoscere neanche i salari contrattuali rimasti stabili da diversi anni e visto che il governo, non ha alcuna intenzione di agire per spingere ad aumenti salariali, impegnato com'è a “garantire” in qualsiasi modo i profitti delle aziende. Stando così le cose, diventa strategico il compito dei partiti di opposizione in uno con quello dei Sindacati nel tracciare le linee guida ineludibili di una complessiva e generale riforma dei contratti di lavoro. Obiettivo resta quello di circoscrivere e superare quelli che sono, ancora, contratti firmati da sigle sindacali rappresentative in quanto aderenti a Cgil, Cisl e Uil ma che prevedono contratti di lavoro ("corsari") con salari molto bassi affiancati a contratti di lavoro ("pirata") con salari sotto soglia di povertà. Una battaglia di giustizia sociale che i partiti di opposizione e di Sinistra devono preparare nei minimi dettagli e devono affrontare con estrema decisione e con il pieno appoggio di sindacati e di lavoratori.




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